Storytelling social: qualche esperienza – Seconda parte

[Continua da qui]

Ci siamo lasciati con una domanda: in che modo dei racconti personali possono diventare “social”?

Ed ecco cosa ci racconta Anna.
Rispondo subito. i racconti personali diventano “social” perche’ interagendo gli uni con gli altri all interno di una comunita’ (per quanto aperta agli altri) gli autori inevitabilmente si parlano e si influenzano.

il caso piu’ tipico e’ quello del post di risposta a un altro. Se si crea la congiunzione astrale favorevole, i risultati possono essere davvero divertenti, come in questo post di Desian in risposta ad uno mio. Lo storytelling social e creativo e’ un’applicazione che secondo me potrebbe dare dei frutti piuttosto succosi, se usata bene.

Alcuni argomenti sono piu’ degli altri in grado di determinare reazioni. in questi casi i post di risposta diventano a loro volta nodi di altre reti, e la discussione puo’ arrivare a blog che sono lontani per argomento o periferiche (per visibilita’) rispetto al blog di partenza. un esempio tipico e’ il post di Lorenza sul downshifting.

Silvia e Serena di genitoricrescono hanno saputo utilizzare al meglio questo fenomeno di reazione e risposta con il meccanismo del blogstorming. Ogni mese le due autrici lanciano un argomento sul quale i blogger sono invitati a scrivere sul proprio blog (in alternativa anche su genitoricrescono come guestpost). Tra le motivazioni alla base dell iniziativa il fatto che “chi legge un blog vuole conoscere le opinioni degli altri. perche’ permettere ai lettori di viaggiare da un blog all altro e’ il nostro scopo.”

il tema e’ generale, e l interpretazione soggettiva. il risultato e’ che ogni mese si fabbrica il racconto collettivo di varie esperienze su un dato soggetto, da leggere saltando di link in link a partire dalla pagina dedicata al blogstorming. A spingere i blogger a partecipare e’ sicuramente il piacere di condividere, ma anche la possibilita’ di essere linkati in una pagina visitata da chi in quel momento ha interesse per quello specifico argomento, con una grafica lineare e semplice, e un numero molto alto di contatti. il meccanismo del banner (se partecipi, metti il banner), in questo caso aumenta infatti sia la visibilita’ di genitoricrescono che quello dei post che partecipano, con un meccanismo win-win.

Con Flavia, in Veremamme, gia’ in precedenza avevamo provato a sperimentare il meccanismo di risposta tra i post per creare un’area di scambio virtuale nel Blogcafe. L area di scambio, per lo storytelling sociale, e’ sicuramente la soluzione piu’ intuitiva, soprattutto se supportata graficamente, con la possibilita’ di visualizzare facilmente i contributi. Ma non e’ detto che non si possa utilizzare un sistema di percorso tra blog, opportunamente linkati. in un progetto di storytelling creativo in cui ognuno partecipa con un pezzo di storia, per esempio, o sviluppa un argomento secondo una traccia, si potrebbe pensare a una lettura lineare attraverso i blog. Nel Blogcafe invece ci interessava creare una sorta di luogo di ritrovo, da vivere proprio come la pausa alla macchinetta del caffe dell ufficio. L intuizione e’ stata quella allora e’ stata quella di usare le tecniche della narrazione per riflettere sulle proprie esperienze di fallimento e riscatto. Partendo da notizie reali, usate come spunto ironico, sono state create delle tracce di racconto. Nessuna limitazione alla creativita’, ma una sorta di binario per fare in modo che effettivamente venisse raccontata una propria esperienza difficile e il modo trovato per uscirne fuori. Qui , qui e qui trovate titoli e post. La profondita’ dei contributi ricevuti e la qualita’ della scrittura sono stati notevoli. Oltre alla capacita’ personale di chi scrive nello storytelling guidato conta il modo in cui si pone l argomento su cui scrivere. La traccia (come a scuola, saranno i miei ricordi da insegnante, forse…) deve essere chiara, puntuale, implicare uno svolgimento e una soluzione, solleticare la fantasia o la curiosita’, riallacciarsi a qualcosa di personale.

A livello di risultato lo scambio profondo all interno di uno spazio virtuale chiuso, benche pubblico, crea una forma di complicita’ molto forte, e in generale viene vissuta come un’esperienza positiva. Alcuni racconti o immagini possono (e sottolineo possono, perche’ si tratta di un processo creativo e non di una formula matematica) rimanere patrimonio condiviso della comunita’. Per me un esempio tipico e’ l immagine della sindrome della rotonda di Mamma Cattiva. Prima che aprisse il suo blog era conosciuta in rete come quella della rotonda perche’ in un suo racconto era riuscita a dare corpo alla sensazione di impotenza e paralisi di molte donne di fronte alla scelta tra lavoro e affetti proprio con l immagine delle rotonde che caratterizzano il paesaggio stradale delle nostre periferie urbane. Ancora adesso non riesco a passare davanti a una rotonda senza pensare a lei. Lo storytellig creativo e’ anche questo.

I blog si influenzano anche nello stile. E’ interessante notare che alcuni modi di dire, espressioni gergali, dialettali, battute o immagini forti traslano da blog a blog, fino a diventare patrimonio dell intero network. un esempio e’ l abitudine di dare nomi fittizi ai propri familiari. Sul web i figli si chiamano nani mi ha detto una mamma blogger, come se fosse una regola di netiquette. E’ come se si coniasse a poco a poco un nuovo lessico. E in questo processo, ovviamente, c’e’ poi chi innova e chi segue. Con evidenti effetti, anche ridicoli, di manierismo. Recentemente ci sono state varie discussioni a proposito di un mommyblog fittizio nato per pubblicizzare alcuni prodotti di pulizia per la casa. Quello che mi ha colpito, leggendo i post e la presentazione della falsa autrice, e’ stato che il suo modo di esprimersi non era vero ma verosimile, segno che quello dei mommyblogs, nella sua versione meno personale e innovativa, e’ diventato uno stile riproducibile (e parodiabile, anche. perche’ no?). Comunque la verosimiglianza stanca ancora prima del manierismo. Sul web c’e’ bisogno di realta’, come ho detto prima.

I blog si influenzano sugli argomenti. Qualche settimana fa ho pensato di avere avuto un’idea originale inaugurando una rubrica sulla moda dal titolo s-fashion. La sensazione di originalita’ e’ durata fino a quando non mi sono accorta che altre blogger stavano lavorando sullo stesso argomento e avevano fior di progetti gia’ in corso. (Qui, qui, e qui)

Sul web si creano orizzonti di attesa che generano fenomeni e tendenze. Chi intraprende progetti di storytelling deve saperli cogliere anche prima che si siano manifestati.

8 commenti
  1. Flavia Rubino
    Flavia Rubino dice:

    Molto molto interessante, grazie Anna!! Mi ha colpito molto l’idea che si creino dei patrimoni (anche metaforici, semantici) insomma dei linguaggi che accomunano un gruppo di persone, un po’ come ci succedeva in classe quando andavamo a scuola. 🙂
    E un’altra idea potenzialmente molto fertile è quella dell’orizzonte d’attesa, che hai introdotto alla fine del post. Vuoi dire che ci sono delle idee, dei bisogni latenti – scusa se ricado sempre nel linguaggio mktg, che ci vuoi fare – che chi comunica sul web può cogliere attraverso dei segnali? e quali? spiegacelo meglio.

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    • Luisa
      Luisa dice:

      Ci sono anche i followers che a volte fanno meglio e hanno più successo di chi ha avuto l’idea o scoperto il bisogno latente. Vedi un facebook che tenta di spodestare 4square e magari ci riuscirà.

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  2. Piattinicinesi
    Piattinicinesi dice:

    “orizzonte d’attesa” è un termine usato dalla scuola storica di legoff per indicare uan convergenza di situazioni in cui un evento particolare riesce a formarsi e a trovare un terreno fertile di promozione, sviluppo e crescita. in sociologia unconcetto simile si chiama invisible hands. come si fanno a leggere i segnali? chi lo scopre diventa ricco. bisogna informarsi, avere sensibilità intuito e arrivare prima degli altri a realizzare le cose. le idee non basta averle, bisogna anche meterle on pratica…

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  3. Bismana
    Bismana dice:

    Quoto Flavia. Anche a me piace molto l’idea dell’interculturalità e degli scambi di idee che poi diventano di interesse e di dominio comune. L’idea di clonare un nuovo linguaggio ma anche nuove tendenze è quello che gli esperti di marketing tentano di fare da anni. A volte ci riescono…altre volte son più brave le blogger!

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  4. Isa
    Isa dice:

    @ Anna. Prima di tutto, grande analisi, post interessantissimo! leggerti è sempre un insegnamento 🙂 Grazie!
    a prop di cio’ che spiegavi sull’orizzonte d’attesa, non è come quello che è successo x facebook (cioè, cio’ riportato nel film The Social Network)?

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  5. Piattinicinesi
    Piattinicinesi dice:

    @isa in parte sì, anche se in quel caso se qualcuno ti propone di lavorare su un’idea e tu ne hai una migliore, come minimo dovresti dire no grazie e mettere le cose in chiaro. è sempre molto complicato in questi casi perché le idee girano velocemente e specialmente sul web, dove tutto va veloce, vince chi riesce a fare le cose in fretta, meglio degli altri e a resistere rinnovando sempre.

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  6. Luisa
    Luisa dice:

    Riesco a leggere solo ora.
    Molto ma molto interessante questo post.
    Osserva dall’alto molto di quello che viviamo quotidianamente nella rete, tutti i fenomeni nei quali ci aggrovigliamo. Mi piacerebbe darti degli spunti da approfondire sul tema della percezione, come cioè le persone per quanto vere vengono percepite in rete attraverso i loro racconti. Molti di quelli che mi conoscono di persona dopo aver letto il mio blog mi trovano molto diversa, più umana, nonostante io mi svesta molto nella mia scrittura. Ci sono persone che per le loro conoscenze e competenze oppure per la loro capacità di mostrare il bello della vita ottengono l’effetto opposto allontando l’audience. Per invidia o per non identificazione?
    E’ sera e sono stanca ma quello che mi chiedo in questo momento è se anche i blog che si definiscono fatti da persone vere rappresentino poi quelle persone e che non ci sia finzione anche lì.

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  7. Giuliana
    Giuliana dice:

    @Luisa: sono assolutamente d’accordo con te quando dici che la scrittura è rappresentazione, magari di sé, ma rappresentazione. però non credo che questo c’entri molto con la finzione. piuttosto, quando ci si racconta attraverso la scrittura, il risultato è spesso più contrastato della realtà (contrastato nel senso fotografico del termine, come se quella di noi nei blog fosse una specie di iperrealtà di noi stessi, non so se mi spiego).
    grazie ad anna, un’analisi bellissima.

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