Blog e sponsorizzazioni, facciamo il punto

Sabato pomeriggio ho partecipato alla tavola rotonda “Blog, genitori e sponsor”, promossa da Genitori Channel e Sisifo negli spazi della fiera Fa’ la cosa giusta.
Tra i presenti, Jolanda di Fattore Mamma e Filastrocche.it, Sara di Smamma, Luca Conti di Pandemia, Miriam Bertoli, Maddalena di Farmacia Serra e suo figlio Guglielmo di Gullisc, Mamme Acrobate, Zio Burp, Barbara di Mamma Felice e Costanza di iTMom via chat, e un sacco di altri che spero non me ne vorranno. E io, come Mamma in Corriera. Moderatori Antonella e Barbara di Genitori Channel e Giuseppe Lanzi di Sisifo. E c era anche la diretta radio curata da Mamme in radio.

Il tema non e’ nuovo. Nell ultimo anno e mezzo, anzi, e’ una delle costanti che a ondate si ripropongono in dibattiti sempre interessanti (a volte con una veemenza degna di miglior causa, a mio parere, ma e’ solo la mia opinione).
Perche’ le mamme

Da quando le aziende si sono accorte dell esistenza delle mamme, e anzi, da quando si sono accorte che le mamme parlano attraverso i loro blog, hanno iniziato a fare quello che fanno dalla TV e dalle riviste di settore: le bombardano. Scrivi questo, prova quello, metti il mio banner. io ho un privilegio, rispetto a questa situazione: sono blogger e anche operatore (come Flavia e Jolanda, per citare solo gli esempi a me piu’ vicini), per cui le mie osservazioni in merito partono da due punti di vista diversi. il fatto e’ che le mamme si sono divise in due fazioni: quelle per cui e’ lecito accettare sponsorizzazioni (uso il termine in modo generale, al suo interno c’e’ di tutto), e quelle per cui non e’ etico.
Possiamo davvero parlare di etica?

Dal mio punto di vista, c’e’ un vizio nella formulazione della domanda. Accettare dei soldi in cambio di contenuti non puo’ essere etico o non etico a priori. Lasciamo l etica a cose piu’ alte, e ragioniamo un po piu’ terra-terra. Le proposte delle aziende sono molto diverse, per tanti aspetti: c’e’ azienda e azienda, tanto per cominciare. E poi una cosa e’ chiedere di testare un prodotto e parlarne, un’altra chiedere di esporre un banner, un’altra ancora coinvolgere le persone in progetti ampi e strutturati.Dov e’ l etica in questo
Magari etichetta e’ meglio

La vera discriminante sta nel comportamento che le aziende hanno verso le persone che coinvolgono: se vogliamo, chiamiamola etichetta (che e’ pur sempre una piccola etica, ma piccola). Nel momento in cui questo comportamento e’ trasparente, rispettoso delle individualita’, coerente con le singole personalita’ in rete, non vedo il problema.

Jolanda, e poi Barbara, hanno fatto emergere un tema per niente secondario: tenere un blog, oltre un certo limite, e’ costoso. un data base, un server, una grafica che non sia solo l applicazione di un template Piattaforma-di-blog-aggratis, sono cose che costano. Gestire blog grandi e complessi e’ un lavoro, non e’ piu’ un passatempo. E allora, perche’ non sarebbe etico accettare sponsorizzazioni Personalmente la cosa che, da blogger, mi infastidisce davvero, e’ il palese approccio un tanto al chilo delle aziende che hanno inserito i blog mammeschi nelle stesse mailing list dei giornalisti, ad esempio. Oppure quelle che non hanno proprio la minima idea di che cosa significhi avere un blog (per dire, una volta mi e’ arrivata una mail che si apriva con un sontuoso Cara mamma Giuliana?. Volevo vomitare) e una linea editoriale. Ecco, in questi casi loro vengono meno all etichetta. E si meritano di essere rimbalzate.

E’ piu’ importante l azienda o i contenuti?

Altro argomento emerso, nel quale mi sono sentita direttamente chiamata in causa, e’ stato quello, spinoso assai, delle aziende non etiche o vissute come tali, che promuovono iniziative i cui contenuti sono comunque validi. L’ esempio era “Nel web con Guglielmo”, promossa da Nesquik: una serie di video in cui il nostro Gullisc spiega il web ai genitori.

Se Nestle’ e’ il male, e’ male anche tutto quello che fa io mi sono data una risposta quando ho incontrato l azienda per la prima volta. Preciso che il mio non e’ un giudizio su quello che l azienda fa o non fa (o che ha fatto in passato), ma unicamente su quello che in questo momento propone. E se propone un contenuto di valore non vedo perche’ stroncarlo. Del resto, chi altri si e’ posto il problema di educare i genitori ad un corretto approccio al web da parte dei ragazzi, prima che lo facesse Nesquik Ecco, per me questo e’ sufficiente.

L’ azienda che mostra un’apertura verso il suo pubblico coinvolgendolo in un progetto di educazione merita come minimo una possibilita’, credo. Quello che oggi e’ uno spiraglio puo’ diventare una finestra, se la relazione continua. perche’ prima o poi diventera’ chiaro che alle persone che la seguono deve dare conto, o il rapporto fiduciario sara’ spezzato. E da questo non ci guadagna nessuno.Come non ci guadagna nessuno da un’azienda dall eticita’ conclamata che rimane chiusa nelle sue quattro mura e nei suoi spot TV. Che si metta in gioco, e poi ne riparliamo.
il dibattito continuera’, ne sono sicura. Molte voci non si sono fatte sentire, altre opinioni sono rimaste nell aria. Ma finche c’e’ confronto c’e’ vita.
Ci siamo lasciati con un appuntamento, a maggio a Firenze. Grazie ai nostri ospiti!

13 commenti
  1. bismama
    bismama dice:

    Io sono pienamente d’accordo con te. Io non sono nè contro nè pro. Valuto caso per caso le proposte (che ultimamente non sono meno di una al giorno) e decido se parlarne o meno. A volte anche gratis, senza tornaconto semplicemente perchè ritengo il prodotto o l’iniziativa in sè meritino attenzione. Schierarsi a prescindere non mi è mai piaciuto. Penso che la logica della discriminante di un caso piuttosto che un altro sia qualla vincente e che più si adatta alla mia policy!

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    • Giuliana
      Giuliana dice:

      infatti. un blog è lo spazio più personale che c’è, perché dobbiamo per forza decidere a priori che cosa si può fare e che cosa no? dove sta la libertà? e poi, ovvio, se un blog non mi piace per le sule, chiamiamole così, politiche commerciali, non ci vado e basta. ma non mi metto a stracciarmi le vesti in nome dell’etica tradita.

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  2. Polly
    Polly dice:

    arrivo qua dal tuo blog…su questo tema lascio spazio alle tante più competenti di me in materia.
    volevo solo esprimere la mia opinione sul boicottaggio. da un lato ci sono le idee, dall’altro c’è il nostro stile di vita. facciamo parte di un sistema che non possiamo che subire e alimentare con ogni nostra azione. il personale è politico, davvero.
    è ovvio che io non apprezzi chi si dice regali il latte liofilizzato alle mamme africane e blablabla. d’accordo.
    però chi boicotta la nestlè dimentica sempre che, sulla base delle stesse ragioni, dovrebbe boicottare anche probabilmente la banca dove ha il conto corrente, il distributore di carburante da cui si serve, la società che gli fornisce l’energia elettrica. probabilmente dovrebbe boicottare anche se stesso per una serie di ragioni…perchè usa troppo spesso l’auto, perchè tiene il riscaldamento troppo alto. ecco,di fronte a queste grosse contraddizioni, io credo che ha senso porsi di fronte al progetto che ci stanno proponendo, alla persona che lavora dietro a quel progetto, e valutare caso per caso.
    non credo che basti boicottare un’azienda o qualche azienda per poterci dire coerenti.

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    • Giuliana
      Giuliana dice:

      polly, io non ho mai creduto nei boicottaggi, ma semplicemente perché credo che non siano efficaci. mi sembra molto più costruttivo andare dall’azienda in questione e chiederle conto di quello che fa. e se lei si presta al dialogo so già che è migliore di molte altre. e poi sottoscrivo quello che dici sulla coerenza. per fortuna non bisogna esserlo sempre e ad ogni costo, e ammettere questa cosa è, secondo me, un segno di grande maturità. sia da parte delle aziende, sia da parte delle persone.

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  3. Antonella
    Antonella dice:

    Nemmeno io credo nei boicottaggi. Quello alla Nestlé ad esempio va avanti dagli anni 70. Invece come te credo che le aziende siano fatte di persone e che con le persone bisogna parlare. E che parlare, criticare le iniziative che non ci piacciono, apprezzare i contenuti che ci piacciono… sia il solo modo per “influire” almeno un po’ sulle scelte. Tutto qui.
    A maggio cerchiamo di organizzare con più calma un confronto a Terra Futura (20-22 maggio).

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  4. Zio Burp
    Zio Burp dice:

    eccomi, io c’ero ma silenzioso. Un po’ perché non era semplice seguire voi per bene in quel marasma tra un impiantoaudio troppo basso e la processione mexicana de la cucaracha, tenendo d’occhio anche la prole momentaneamente babysittata dal nintendo DS.
    Respiro.
    Un po’ perché io per lavoro sono stato e sono uno di quelli che “lavorano” sul target mamme. Un molestatore, markettianamente parlando, di mommyblogger.
    Non sono un pentito, intendiamoci. Ho sempre cercato di essere trasparente, coerente, interessante. Di usare i modi giusti, di cercare una conversazione, di rispettare il mio target, oltre che di raggiungerlo. Non sono un pentito, ma un po’ saturo sì, io (figuriamoci le mamme target) ed è anche per questo che cambio lavoro.
    Così poi a Firenze, sto attento e dico la mia senza remora alcuna. Le trombette messicane no eh, a Firenze no!

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  5. Manuela di mammeacrobate
    Manuela di mammeacrobate dice:

    ciao giuliana,
    non posso che condividere la tua riflessione che sintetizza bene i principali punti che sono emersi sabato.
    Non accetto le generalizzazioni e questo argomento sponsor sì/sponsor no mi sa tanto di bianco o nero e non mi piace. Ci sono tante aziende differenti, tante possibilità di sponsorizzazione e collaborazione differenti, tante persone e tanti approcci (soprattutto) differenti. Perchè quindi generalizzare?
    Gestire un blog o un sito, a certi livelli è sicuramente un lavoro vero e proprio a tutti gli effetti che è giusto venga retribuito. perchè non dovrebbe essere così?
    Forse, come dici tu, si può anche non scomodare l’Etica ma sicuramente per essere credibili e svolgere bene il proprio lavoro di blogger una delle condizioni principali è avere sempre rispetto per la community di persone che ti seguono e ti leggono, essere coerenti con i valori trasmessi attraverso il blog/sito (se sostengo l’allattamento non accetterò quindi uno sponsor produttore di LA) ed essere trasparenti nell’ospitare o parlare di uno sponsor sul sito/blog.
    Poi si sa che la rete è democratica e quindi, chi non accetta la presenza di sponsor sui blog, può anche decidere di leggere altrove… non pensando però che forse potrà perdere ottimi contenuti.

    Chissà che non ci si veda davvero a Firenze!!
    ciao
    Manuela

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