Emozioni e storytelling: la pubblicità che non presenta se stessa è vincente

Lo ammetto: l’altro giorno mi sono emozionato.
Mi sono emozionato mentre guardavo uno spot thailandese dell’agenzia Thai Life.

La pubblicità in questione è questa:

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Parla della storia di un ragazzo come tanti che, giorno dopo giorno, fa delle buone azioni per il mondo circostante senza che gliene derivi alcun vantaggio in termini materiali.
Ogni giorno è più stanco perché aiuta una signora a sollevare il suo pesante carrelletto, ogni giorno è con meno soldi perché li cede a una piccola mendicante di strada, ogni giorno sposta delle piante in maniera che l’acqua che sgorghi dal tetto vada ad innaffiarla.

Cosa ci guadagna? Apparentemente nulla. Se non fosse che proprio sul finale il video ci mostra come le sue azioni siano in grado di ridargli indietro i sorrisi delle persone, o le emozioni che il denaro stesso non può comprare.

A mio avviso il video è vincente e convincente per varie ragioni:

racconta una bella storia, una storia a tratti commovente: e a chi non piacciono le belle storie?
Inoltre la storia è raccontata in maniera leggera: forse surreale in qualche modo (quanti di noi nella realtà fanno quello che il ragazzo mostra nella pubblicità?), ma sicuramente d’effetto; insomma…storytelling, lo stai facendo bene!

stimola il “wannabe” che è in noi: tutti vogliamo un mondo buono, un mondo migliore, anche se spesso non lo portiamo avanti con le nostre azioni. Tutti vogliamo un mondo un po’ più libero dal denaro e un po’ più pieno di aiuto per il prossimo, ma spesso non agiamo di conseguenza: il ragazzo della pubblicità, invece, lo fa;

manda un messaggio positivo (come già nell’altra pubblicità di cui avevamo parlato la scorsa volta qui);

non mostra il “prodotto” o “servizio” all’interno della storia: il brand appare in bella vista solo alla fine, scelta che risulta convincente per due ragioni.
La prima è che non si inficia la storia con un collegamento che forse sarebbe stato stonato, la seconda è che il brand informa comunque l’utente del fatto che si trova di fronte ad un advertising, mostrando trasparenza e onestà.

La pubblicità in questione, di base, non ci dà alcuna informazione utile sul servizio offerto dall’azienda, ma riesce innanzitutto a raggiungere un numero elevatissimo di persone e, in secondo luogo, fa nascere in noi un meccanismo di fiducia nei confronti di chi ha creato una così bella pubblicità.

Per la serie: se sanno fare così bene un video, sapranno sicuramente far bene anche il loro lavoro.
Anche se non ce lo hanno neanche presentato.

E non finisce qui: per creare un maggiore tasso di engagement con le persone, la compagnia ha creato un sito internet (questo) e una pagina Fb (questa) dove si raccontano delle belle storie che accadono in Thailandia.
Un ottimo esempio di come sfruttare un buon video virale per un’ottima azione di follow up.
L’engagement ringrazia.

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