I più comuni pregiudizi sul Marketing – 2. I bisogni inesistenti

Secondo pregiudizio, che abbiamo sentito ripetere un’infinità di volte.

  1. Il marketing – e la pubblicità – creano bisogni inesistenti

Può essere apparentemente vero per il marketing effimero e fatto male.

Ma in realtà è semplicemente sbagliato. Se non c’è  alcun bisogno di un prodotto, un prodotto non durerà sul mercato (come testimoniano gli innumerevoli e costosissimi flop a cui assistiamo).

Lo sanno bene le startup che, applicando l’approccio LEAN, cercano di stabilire immediatamente il contatto con un gruppo di persone che ha un determinato problema da risolvere, oppure lo risolve in un modo che può essere ottimizzato. Si chiama fase di market discovery, e poi di  product-market fit. Il buono di questo metodo è che ti impedisce di imbarcarti in un’impresa se prima non dimostri l’esistenza di una domanda, e ti fa sviluppare una soluzione che risponde punto per punto a quella domanda. Che poi la domanda non sia ancora espressa ma vada scoperta e riformulata in modo nuovo, è proprio quella la bravura del marketer-designer. Altrimenti saremmo tutti geniali inventori. Buona parte della creatività di una soluzione sta nel trovare il giusto problem statement, un problema visto e descritto da un angolo diverso: Einstein ha detto che buona parte della soluzione di un problema sta nel riformulare il problema.  E Steve Jobs ha aggiunto che molte persone non sanno cosa vogliono fino a quando non glielo mostri.
Stiamo parlando di marketing al servizio dell’innovazione ma vale lo stesso per la pubblicità che dovrebbe essere il giusto modo di raccontare l’innovazione: il marketing fatto bene nasce da uno studio diligente e da una comprensione approfondita delle persone, magari delle loro esigenze non ancora consapevoli e dichiarate, ma non può crearle dal nulla.
Accontentarsi delle soluzioni esistenti per i bisogni comunemente accettati e dichiarati, significherebbe la fine del progresso umano. Pensateci: è questo immobilismo, in sostanza, che affermano i detrattori del marketing.

BISOGNI, IDEALI, DESIDERI

Facciamo un piccolo passo indietro e facciamo una distinzione tra bisogni, ideali e desideri.
Alcuni bisogni umani fondamentali sono eterni e immutabili e non possono essere simulati: sicurezza, piacere, autorealizzazione e così via. Sono le aspirazioni profonde delle persone. Gli ideali variano da persona a persona e  sono le convinzioni, i valori in cui crediamo. Per esempio alcuni di noi non sono affatto sensibili a fashion o beauty, ma al piacere della guida, o al design di una caffettiera: il circolo dei bisogni, dei desideri e degli ideali sottesi non è lo stesso.
I desideri infine, pur essendo collegati ai bisogni e agli ideali, ne sono una manifestazione superficiale e per loro natura mutevole, sono influenzati dalle mode e da una quantità di altri fattori o veri e propri bias cognitivi, che distorcono il nostro modo di vedere le cose e ci spingono in una direzione.
Il  marketing non può creare un bisogno inesistente: al massimo può giocare con qualche desiderio passeggero cavalcando mode, ma non i brand che creano un valore duraturo nel tempo: questo valore è connesso unicamente ai bisogni e agli ideali.

Il buon marketing crea un valore duraturo e sostenibile quando cattura e ri-esprime un vero bisogno emotivo profondo, una vera aspirazione e un sistema di valori. I brand che “risuonano” con le emozioni profonde, con i nostri valori, trasformandole in soluzioni o in esperienze, ci danno la sensazione di scegliere prodotti e servizi che sono in armonia con i nostri ideali di vita. L’identificazione è immediata, la relazione creata è seria e stabile. Con buona pace degli haters del marketing.

 

 

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