Siamo certi che i "numeri" bastino?
Matteo Cantamesse è Project Leader di iterion, un istituto che effettua ricerche qualitative e quantitative per aziende e organizzazioni pubbliche e private, interessate a capire i bisogni e le attese delle persone cui si rivolgono.
Ci siamo conosciuti alcuni mesi fa, in occasione di un lavoro in partnership, e abbiamo subito capito che tra sua attivita’ e la nostra c’erano molte affinita’ di pensiero. Percio’ gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa della sua attivita’, proprio ripetto ai temi che abbiamo piu’ volte affrontato insieme.
Ed ecco cosa ci ha proposto: un interessante punto di vista (che noi condividiamo in pieno) su quantitativo vs qualitativo nelle scelte delle aziende in materia di conversazione.
L’ evoluzione delle soluzioni tecnologiche, la diffusione di luoghi pubblici e privati in cui comunicare, ha comportato uno slittamento del paradigma di interazione sociale mediata: da comunicazioni 1 to 1?, o 1 to many (basti pensare al modello broadcasting che stava – purtroppo a volte sta ancora alla base di un tradizionale sito vetrina?) a contesti di condivisione e negoziazione “diffusi”, caratterizzati da una molteplicita’ di occasioni di connessione locale e sociale.
Questo scenario viene spesso affrontato con uno sguardo teso a quantificare i temi: chi, occupandosi di social media e marketing, non ha mai sentito da un cliente la domanda: ma quanto si parla del mio brand? Quante persone citano il mio prodotto?
Le soluzioni software a questo riguardo si sprecano: crawler che contano le citazioni di un brand o un prodotto, dove queste avvengono. in teoria, anche la valenza positiva o negativa delle affermazioni trovate.
Ma per la sua stessa struttura fortemente conversazionale il contesto sociale dei nuovi media offre anche (e forse soprattutto), l opportunita’ di un approccio piu’ tradizionalmente etnografico: ogni azione messa in atto nell agora’ pubblica di internet lascia una traccia, digitale, sociale e di significato, ed il filo rosso degli scambi permette di seguire l evoluzione ed il cambiamento diacronico delle opinioni, la loro costruzione e le loro contaminazioni reciproche.
Le conversazioni quotidiane sui social network, nelle community informali e sui blog si articolano tra confronti, consigli e racconti di vita vissuta. Si possono identificare due dimensioni psicologiche alla base di queste interazioni:
- Identita’, intesa come il frutto di un processo di co-definizione reciproca: in pratica, la somma di quel che si dice, si e’ detto, ed e’ stato detto al riguardo di ogni attore coinvolto (sia esso persona o brand)
- Presenza sociale intesa come disponibilita’? e prossimita’ tra gli interlocutori di questo orizzonte sociale.
L’ intreccio di questi fili identifica un luogo complesso, in cui gli attori coinvolti, alla luce di motivazioni ed esperienze, negoziano i significati inerenti il brand e la sua reputazione, calandoli nel contesto naturale della conversazione quotidiana.
Intendere la reputazione come processo di negoziazione richiede un cambiamento nell approccio analitico: dalla misurazione delle occorrenze, alla descrizione delle dinamiche.
Siamo certi che i “numeri” bastino?
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!