Che Italia sarà?

I risultati delle recentissime elezioni amministrative di Parma hanno risvegliato le menti, anche quelle piu’ dormienti, ri-portandole a pensare e ri-pensare sul significato della parola POLiTiCA, che, si ri-scopre ora, non e’ fatta di partiti, schieramenti, alleanze, veti e interessi personali. Cosa sia la POLiTiCA lo dice per esempio questo video della BBC che in effetti non e’ la RAi.

Io nel mio piccolo qualche mese fa ho cercato di immaginarmi un’italia (im)possibile, che ha un grande sogno, fare a meno della POLiTiCA e non rinunciare mai alle PERSONE.

Mi farebbe piacere avere altre visioni, magari poi venite a Parma e cominciamo da qui -)

In una economia definita depressa a cui la politica non riesce a dare prospettive di crescita le persone ripensano i loro modelli di consumo e pongono al centro il ben-essere quale unico punto di riferimento. Pochi risparmi e debiti personali piu’ alti fanno riscoprire il valore della solidarieta’ all interno delle comunita’ e quello delle autoproduzioni di beni [in particolare alimentari] e servizi. Soluzioni a cui il governo centrale non riesce a dare impulso e valore.

Se gli acquisti sono a kilometro zero i servizi sono mutualistici: internet e’ il collante di tutto cio’. il passaparola e’ lunica forma credibile di comunicazione e la rete e’ il cuore pulsante della vita, sociale ed economica.La sostenibilita’ [sociale, economica ed ambientale] e’ il minimo comune denominatore dell agire personale e dove mancano le risposte sociali da parte delle aziende si passa a un drastico cambiamento degli stili di consumo. La frugalita‘ economica, gia’ proposta dal Low Cost lascia il posto alla frugalita’ etica e pragmatica del Low impact.il ruolo sempre piu’ marginale del governo centrale consente sempre piu’ spazio alle leadership locali [sindaci e governatori] che ripropongono nuovi modelli di Badia e Signoria, aggregati stratificati di quelle microcomunita’ che sono le famiglie, sempre piu’ allargate. Le Transition Town sono i nuovi modelli di virtuosismo civico.

In questo contesto le aziende che non hanno saputo proporre nuovi modelli di business sono in grave difficolta’, non avendo trovato [cercato] radicamento sul territorio. Le persone, nel loro agire da consumatori, vogliono essere coinvolte nel ciclo produttivo [co-creazione] e la customizzazione richiesta e’ ai massimi livelli.Mercati dell usato e dello scambio non sono piu’ luoghi eccentrici e tra compratori e venditori non esistono piu’ rigide separazioni di ruolo. Ridurre Riusare Riciclare: non e’ piu’ un claim pubblicitario ma banali regole di vita e di consumo.c’e’ stata la tanto temuta decrescita ma nessuno prova un senso di perdita, si e’ dimenticato cosa sia il PiL ma si e’ riscoperto il significato di Felicita‘.

3 commenti
  1. Pier
    Pier dice:

    Questi sono momenti di grande opportunità. Il sistema, come lo conoscevamo, è finito, inutile prolungarne l’agonia, come inutile è salvare la Grecia. Va proposta una ripartenza su basi valoriali, sull’umanità della persona, non sul consumatore. A partire dal capovolgere i palinsesti televisivi o semplicemte ad avere la TV come anni fa, dalle 17 alle 23. Più spazio per l’individuo, per la socializzazione !

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  2. Alessio Alberini
    Alessio Alberini dice:

    La sostenibilità è un concetto olistico perché passa attraverso valori in forte crescita: socialità, emozionalità e sensorialità.
    La città è sempre più il luogo privilegiato della nuova socialità, nata virtualmente in rete ma esercitata realmente negli spazi urbani, in cui si incrociano tecnologia ed estetica, etica e condivisione, creatività e dono.
    Da qui l’esigenza di preservare l’ecosistema urbano che ha tutte le potenzialità per essere il “luogo della Sostenibilità”.
    Creare gruppi sociali resilienti, cioè capaci di far fronte a grandi cambiamenti, anche distruttivi, trasformandosi e rigenerandosi.
    Questo è l’obiettivo delle Transition Towns, modello di società civile nato per stimolare riflessioni e soluzioni per imparare a vivere – meglio – in una società futura – ma non troppo – in cui emergenze climatiche ed energetiche saranno all’ordine del giorno.
    Un modello sociale che non aspetta soluzioni calate dall’alto ma che fa della responsabilità locale, del legame al territorio e alla collettività, il motore dell’innovazione e dell’azione.
    Facendo cultura, diffondendo le conoscenze necessarie per comprendere a fondo temi come l’efficenza energetica, la gestione dei rifiuti e la mobilità.
    Recuperando competenze antiche, manualità dimenticate, risorse ignorate.
    Le prime Transition Towns sono state Kinsale in Irlanda e Totnes in Gran Bretagna – era il 2006 – ora se ne contano più di 600 in tutto il mondo.
    In Italia il primo comune riconosciuto come Transition Town è stato Monteveglio, in provincia di Bologna mentre numerosissime sono le iniziative che stanno nascendo su tutta la penisola.

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