Manager…di cosa?

Mi capita di ascoltare la voglia di cambiamento di qualcuno, giovane,  che ama scrivere e comunicare attraverso i social, magari ha un brillante sense of humour e una verve contagiosa, ma ultimamente è un po’ demotivato, non si accontenta di quello che fa, e  vorrebbe provare nuove cose, “allargare gli orizzonti”.

E subito dopo mi capita di parlare con un’amica di lunga data, molto senior, che oggi oltre a molti incarichi prestigiosi lavora in un’agenzia di advertising di medie dimensioni. Mentre la persona giovane è alla ricerca nuovi stimoli, la persona matura mi dice testualmente:

“Ho intervistato un social media …manager?…ma mi spieghi manager di che? Ogni giorno pubblica delle cose, posta la caffettiera, il fiorellino, la foto, la frase, sta là ad aspettare le risposte,  e poi risponde…  E fa questo tutti i santi giorni, e lo fa da anni, senza alcuna prospettiva di crescita. Lo trovo totalmente alienante. E quello sopra di lui è più alto in grado solo perché gestisce 5 persone che a loro volta scrivono e fanno le stesse cose, e rispondono….Ma pensano che questo sia marketing?”

Ora, come si fa a darle torto? Il valore di un lavoro potenzialmente bellissimo è appiattito e banalizzato dalle prassi del mercato, su cui non mi dilungo.

Ma non sono la sola a vivere questo genere di  frustrazioni. Diciamo che la vive tutto il mercato.

Uno studio di Edelman (USA) dimostra che esiste un enorme gap tra quello che i consumatori vorrebbero in termini di apertura, condivisione, conversazione con i brand, e quello che i brand attualmente fanno. Ecco cosa chiedono i consumatori:

edelman

  1. Rispondere velocemente alle lamentele (non al commento sotto alla foto del giorno con la citazione ispirata, ma ai veri problemi delle persone).
  2. Comunicare apertamente e in modo trasparente  come viene fatto un prodotto (qui penso a Findus, a Merendine Italiane)
  3. Offrire molti modi per fare domande e dare suggerimenti/opinioni
  4. Presentare una chiara missione, il senso di uno scopo alla base della propria attività (spesso diciamo che non conta solo cosa vendi, ma perché lo fai)
  5. Invitare le persone ad essere parte dei processi di sviluppo
  6. Usare le proprie risorse per provocare un cambiamento positivo nel mondo (qui penso alla bella case history Dash)

E’ come se mi sentissi in mezzo ai due mondi, quello del social media manager insoddisfatto e quello di chi finora non vede il suo valore aggiunto e la sua utilità, e mi sentissi responsabile nell’offrire nuovi possibili punti di vista e nuovi modi di lavorare. Speriamo che il messaggio prima o poi venga raccolto: noi qui ce la mettiamo tutta.

 

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