La parabola dei Casio e degli Swatch

Quando avevo, credo, 12 anni mi fu regalato il primo orologio da polso: era un Casio al quarzo. “A quell’epoca” il fatto di non avere più le vecchie lancette ma delle cifre illuminate su uno schermo mi dava un’incredibile sensazione di progresso e tecnologia. Mi sentivo una specie di agente segreto con gli effetti speciali. Solo pochi anni dopo, ovviamente, ero in piena fissazione da Swatch come tutti gli adolescenti degli anni ottanta.

Il caso è stranoto ma l’ho ripercorso con piacere in una recente lettura: tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta l’industria svizzera era stata messa in crisi dagli asiatici, che avevano attaccato con i loro orologi al quarzo la fascia bassa del mercato. Molti produttori erano sull’orlo del fallimento. Allora Nicolas G. Hayek prese le redini del gruppo svizzero SMH, che dominava il segmento degli orologi di lusso, ma che aveva una posizione molto debole nel segmento di prezzo medio (con il marchio Tissot) ed era praticamente inesistente in quello di fascia bassa.
E cosa decide questo cocciutissimo Mr. Hayek? Che il gruppo deve competere in tutti e tre i segmenti, entrando in quello più basso con una proposta assolutamente provocatoria: qualità svizzera a margini più che decenti per fare business, ma a partire da 40 dollari prezzo al pubblico. Gli azionisti tremano e vorrebbero volentieri liberarsi di lui.

Ma questa pretesa apparentemente fuori dal mondo costringe i progettisti svizzeri a rivedere completamente il modello di business, abbandonando la loro conoscenza tradizionale sulla produzione di orologi e reinventandola da capo: meno componenti, stampaggio invece di viti, valore dato da design e grafica innovativa su…plastica, grandi volumi automatizzati per abbassare i costi diretti di produzione. Il modello era così rivoluzionario da richiedere un’unità di business completamente staccata dal resto del gruppo. Quello che è successo poi, è storia: nel 2006 Swatch ha festeggiato 333 milioni di pezzi venduti.

Ma già durante gli anni ’90, gradualmente ho smesso di vedere gli Swatch al polso dei colleghi d’ufficio. Poi ho smesso di vederli anche ai polsi degli adolescenti (ma forse è successo anche prima, dato che gli ultraquarantenni di oggi spesso continuano a rimanere pateticamente attaccati alle icone della loro gioventù: vi capita di vedere in giro per il mondo l’italiano-bene medio ancora col suo zainetto Invicta? ecco, intendo quello).
E infine, al polso di mia nipote diciottenne e in tutte le vetrine delle orologerie sono ricomparsi loro: i Casio al quarzo. A lungo relegati nei cassetti degli zii, oggetti passati, superati, sfigati, oggi rivivono un irresistibile splendore vintage e ai miei occhi ridiventano desiderabili come quando avevo 13 anni. Ecco perché mi sono fermata a fotografare la vetrina: mi sembra una parabola fantastica.

image

Ma vorrei capire meglio cosa è successo: qualcuno, al di là dei corsi e ricorsi dei capricci delle mode, mi sa dire cosa ha sbagliato, se ha sbagliato, Swatch? questo post forse merita un seguito da voi.

2 commenti
  1. Veronica M di MS
    Veronica M di MS dice:

    Parlo per me. Guardo l’ora sul cellulare, anche se nel cassetto ho un sacco di orologi.
    Ma il futuro è già qui. Siccome ho paura che mi freghino il cellulare in spiaggia ho speso qualcosa come 10 euro da Decathlon per acquistare un orologio impermeabile di plastica, in modo da portarmi dietro solo quello!

    Rispondi

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*