"Fare marketing rimanendo brave persone": un'ultima domanda!

Dopo la prima e la seconda parte dell’intervista a Giuseppe Morici, autore di “Fare Marketing rimanendo brave persone”, ci ritroviamo oggi per la mia ultima domanda.

D. Il pregiudizio negativo contro il marketing  è una cosa che mi tocca profondamente, ed è stata una leva potente che mi ha spinto ad aprirmi in Rete. Volevo e voglio ancora dimostrare che si può fare un bel marketing, kalòs kai agathòs, addirittura divertendosi, perché non è solo un lavoro (penso alle centinaia di blogger che desiderano monetizzare i loro sforzi e ritengono che gli sponsor e le markette siano un “male inevitabile”) ma può diventare una cosa autenticamente utile.
Mi daresti quindi  la tua definizione di buono e cattivo marketing in ambito digitale? Ci faresti degli esempi di marketing digitale generativo vs. degenerativo, da cosa lo riconosci, e come si può far “pulizia in casa”?

 

G.M:
La Unilever che lancia in modo virale il video di Dove in cui un autore di identikit restituisce orgoglio e sicurezza alle donne di tutto il mondo, dimostrando che sono sempre migliori di quello che pensano…

…La Coca-Cola che lancia la campagna Small World Machines dimostrando a Indiani e Pakistani che “quello che ci unisce è più forte di quello che ci divide”…

Lifebuoy, altro brand Unilever, che lancia un movimento su Facebook con un filmato in cui un papà indiano cammina sulle sue mani a testa in giù per festeggiare il fatto che il figlio non sia morto prima del quinto compleanno. (Lifebuoy infatti è un detergente antibatterico che. se usato dai bambini del terzo mondo banalmente per lavarsi le mani, previene le infezioni batteriche,  per cui muoiono milioni di bambini all’anno).

Ecco, questi sono tre esempi positivi non di marketing digitale ma di marketing in un mondo digitale e contemporaneo: valori umani profondi, utilizzo degli strumenti digitali per amplificare o scatenare fenomeni nel “mondo vero”.
Per una “causa”, un “purpose” direbbero gli esperti.

 

Quanto alla pulizia in casa, io credo che sia un problema che va oltre il digitale e riguarda tutto il marketing.
Dobbiamo innanzitutto dire la verità alle persone e “posizionare” i prodotti per quello che sono e non per quello che non sono (nel libro suggerisco con umiltà che posizionare una bevanda gassata come bevanda da tavola al posto dell’acqua non mi sembra una bella operazione);

 

poi dobbiamo smetterla di considerare il marketing come qualcosa che può compensare prodotti o servizi mediocri (l’esempio che porto in questo caso sono certe banche tradizionali italiane che posizionano il brand come amichevole e spiritoso, poi vai nelle loro filiali e trovi gli stessi impiegati scortesi, gli stessi vetri antiproiettile e le stesse clausole scritte in carattere illegibile sul retro dei documenti);

 

in ultimo dobbiamo smetterla di fare un marketing il cui unico scopo sia quello di vendere prodotti “spingendo le persone contro gli scaffali” e dobbiamo invece ritornare a un marketing che cerchi di ispirare le persone e che le spinga ad aderire a una causa, per senso di appartenenza e non per senso di vuoto.”

 

Non ho nulla da aggiungere! Grazie ancora a G.Morici per gli esempi e per le belle riflessioni… ce n’era bisogno.

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