Problem solving creativo, ma rigoroso

Il punto di partenza del metodo Lean Branding sono le persone, e quello che cerchiamo di capire dalle persone sono i loro problemi.
Detta così è banale, sembra l’incipit di un qualsiasi manuale di marketing: ma all’atto pratico non è affatto facile snidare i veri problemi, nascosti in fondo ad abitudini consolidate e alle dichiarazioni di superficie. In altre parole, le persone hanno il loro pilota automatico e loro per prime non colgono tutte le motivazioni dei loro comportamenti. Magari c’è la paura di una frustrazione, di una difficoltà, che le porta a sviluppare un percorso complicato.

Empatia e Design Thinking

Il Design Thinking è un approccio per lo sviluppo di idee innovative che inizia proprio dalla fase di EMPATHIZE: vivere a fondo la vita e la realtà di qualcuno, con il vantaggio di poterla sviscerare con un occhio esterno privo di automatismi. Ma deve essere un occhio ben allenato.

Torniamo al Lean Branding, che è una contaminazione di Design Thinking e Branding classico: il risultato della fase di Empatia è il Problem Statement, che contiene il punto di vista della persona ma allarga la visione del suo “problema” predisponendosi quindi a una migliore generazione di idee alternative. Facciamo un esempio: “Young working professionals need a quick, convenient solution to eating healthily” è uno statement focalizzato su un tipo di persona – giovani professionisti oberati di lavoro – e un tipo di bisogno abbastanza ampio (mangiare cibo di buona qualità, non solo “delivery”) da aprire la mente ad altre strade. O almeno provarci.

 

Brand Solution

 

Solo con un buon problem statement possiamo passare alla fase successiva: trovare la migliore Brand Solution. Che secondo me non è solo un prodotto con delle caratteristiche, ma già il nucleo di un brand che contiene i suoi valori.
E come si trova?
Esistono due diversi tipi di idee e strutture di pensiero: quelle che seguono un percorso lineare (esempio: il mio precedente post su come si fa branding e media) e quelle che compiono un balzo laterale, cioè arrivano alla soluzione di un problema per intuizione, scoprendo poi che hanno risolto un altro problema. O meglio, hanno riformulato il problema iniziale in modo da trovare un altro punto di vista e quindi un’altra soluzione, che definiamo geniale. In realtà si tratta di una soluzione lineare a un problema ridefinito in modo non convenzionale, e tutto questo fatto appunto in modo “insightful” e implicito.
La differenza tra una soluzione lineare e una laterale è simile a quella tra innovazione incrementale e disruptive.
Se Netflix avesse solo voluto migliorare l’esperienza del noleggio di film (così era nata) non avrebbe rivoluzionato l’intero concetto di relax e  intrattenimento a casa. Da un problem statement che già contiene una soluzione (noleggio) è passato invece a uno molto più ampio. Se Tesla ha come obiettivo offrire possibilità inedite di mobilità sostenibile, e non solo auto, non mi meraviglierò un giorno di vedere treni, aerei, sottomarini Tesla.

…Conclusion

Chi studia marketing e innovazione, creatività, design thinking  fa “reverse engineering” delle idee di successo, tutto qua. Trova gli schemi insiti nel pensiero lateriale per scoprire che gli step – la sequenza di domande da farsi per passare da problem statement a solution – sono pur sempre lineari. Solo se sono interiorizzati in modo istintivo possono essere brillantemente saltati. La creatività è nulla senza la disciplina.
Siete d’accordo?

 

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