Brand Marketing e Media Marketing: il seguito

Potrebbe essere utile proseguire il discorso del post precedente riguardante il brand marketing e il media marketing, perché chi è immerso nei tecnicismi dei Social Media – da quello che vedo direi in tantissimi, super volenteroso se giovane all’inizio, piuttosto tronfio e impettito se giovane e “arrivato” nella grande agenzia – potrebbe trovare beneficio nell’allargare uno sguardo ai tre-quattro concetti di branding che dovrebbero essere comunque alla base del suo lavoro. Viceversa chi lavora su brand e comunicazione – da quello che vedo spesso romantici, idealisti, legati più a uno scopo superiore che ai numeri, oppure con la puzza sotto al naso se senior con una reputazione – potrebbe contaminarsi efficacemente con alcuni indicatori di media marketing, perché i social, anche se meritano la definizione di ecosistemi, ambienti, luoghi di conversazione etc etc, sono pur sempre equiparabili a canali di comunicazione (amen).

Dico davvero, di tre-quattro pilastri si tratta. E non intendo con questo banalizzare il lavoro dei professionisti, ma solo concludere che tutte le sfumature architettoniche su cui lavoriamo di cesello, ricadono necessariamente sotto quei pochi concetti fondamentali. E inoltre vorrei sottolineare con forza che la separazione di questi due saperi fa danni.

Componenti di Branding

Qui su TTV siamo nel mondo del Lean Branding, giusto?  Vuol dire che è possibile snellire al massimo l’analisi e la pianificazione, ma senza MAI saltare i suoi passi fondamentali. Che si riducono a tre domande. Analisi, osservazione, intuizione, interpretazione – tutta la fase preliminare di studio prima di formulare un piano insomma – devono servire a rispondere a quelle tre domande.
In un gruppo FB di neofiti del social media ho visto porre questa domanda: “per caso avete un esempio di piano di marketing del settore xy…”? Sbagliato! E’ la domanda sbagliata. Vi prego ragazzi,  non cercate la scorciatoia come a scuola. Studiate il contesto in cui siete, prima. Le vostre tre domande giuste sono queste:

PEOPLE – con chi parliamo, a chi ci rivolgiamo? Tutte le tecniche più sofisticate di segmentazione e targeting, tutta la teoria delle dynamic personas e dei loro micromoments attengono a questa domanda semplicissima: chi? Questo è il bello, dunque: la strategia di brand non parte dal brand, ma da loro. Dai clienti.

PROMISE – cosa promettiamo, che cosa rappresentiamo per loro? Come risolviamo un loro problema in modo alternativo, come eliminiamo una frustrazione, cosa aggiungiamo di delizioso all’esperienza, per cosa vogliamo essere ricordati, che sensazione vogliamo lasciare. Tutte le sofisticazioni di mission, vision, values, uvp, brand culture, positioning blablabla si riconducono a questo.

EXECUTION – come lo facciamo? Attraverso quali tattiche e azioni? Ormai le esecuzioni (meglio poche ed eccellenti che tante e sparpagliate) vanno viste tutte in modo fluido e unitario, riconducibili ad un’unica esperienza di brand. Touchpoints, contenuti, formati, tutti i dettagli esecutivi arrivano dopo, e fluiscono più facilmente se si è seguito quest’ordine nelle domande.

Ma un “bonus” che vi collocherà al di sopra almeno dell’80% di coloro che si definiscono esperti di marketing è la quarta domanda:

PERCHE’.

Perché è rilevante, perché è interessante proprio per quelle persone. Qual è l’insight che abbiamo scoperto su di loro, o meglio insieme a loro.

Anche se per convenzione parliamo di strategia social, strategia di prezzo, strategia Facebook… C’è una sola strategia alla base di tutto questo pensiero: quella del brand. E risponde a chi, cosa, come… e perché.

Componenti Media

La proliferazione di metriche complicate, dashboard simili al pannello di controllo di un aereo, con l’ostentazione di tutto il relativo gergo inglese che le rende incomprensibili, genera schiere di “specialist” e “strategist” che in realtà fanno esecuzioni, non strategie (vedi sopra, il “come”), e si iper-verticalizzano (“facebook marketing” finora vince ancora su tutti).
Le domande da farsi dietro quelle metriche in antipaticissimo gergo sono sempre poche e chiare, e si capiscono meglio se poste dopo le prime tre. Si tratta di far entrare in contatto il brand e le persone. E cioè:

REACH – Quante persone raggiungiamo? Di solito espressa in % del target potenziale nel mondo dei media tradizionali, perché questo target era quantificato secondo criteri sociodemografici relativamente semplici  (una reach del 40% su 10 milioni di donne 25-35 di aree urbane e reddito medio-alto =  4 milioni di persone). Inutile farlo oggi perché i target, dopo la prima banale suddivisione per sesso ed età e geografie, si frastagliano poi in una miriade di interessi, attitudini e comportamenti. Diventano target dinamici che grazie al digital possiamo inseguire sulla base di quello che stanno facendo, cercando o guardando in quel preciso momento. Meglio ragionare in termini assoluti quindi: quante migliaia di persone corrispondenti al mio profilo attitudinale ho raggiunto oggi. In questo senso i numeri di reach in termini assoluti si sono drammaticamente abbassati rispetto a quelli della TV, ma – se si è ragionato bene sopra – sono molto più mirati e precisi, c’è meno spreco.

FREQUENCY – Quante volte raggiungiamo le persone in target? Non c’è una metrica di successo qui. L’assioma da ricordare è che più il messaggio è efficace e memorabile (e a renderlo tale serve ancora una volta un lavoro di branding fatto bene), meno volte è necessario riceverlo per rimanerne colpiti.  La differenza tra reach e frequency è la stessa che corre tra persone/utenti unici e visualizzazioni totali: le prime sono singole teste, le seconde sono contatti.

Questi contatti iniziali corrispondono all’inizio (top) del percorso di avvicinamento (funnel) di un potenziale acquirente. Insomma Top funnel, o upper funnel, awareness, e blablabla = quanti vengono a sapere di noi.

RECALL – Quanti ci ricordano dopo il contatto? La mortalità naturale è elevatissima. Per misurare questo indicatore occorreva, e ancora occorre, un test specifico, dopo di che si incrociavano le dita e si sperava che quel ricordo positivo producesse l’effetto di influenzare le decisioni di acquisto. Ora invece, grazie ai tool digitali, è possibile averne un sentore, una flebile indicazione, per poi ricontattare chi ha mostrato interesse (interazioni, like, commenti, blablabla) e ricordargli, ricordargli, ricordargli (retargeting) che ci siamo, rafforzare il ricordo fornendo nuove informazioni via via più precise e condurre le persone per mano verso il nastro d’arrivo dove le stiamo aspettando. fantastico.

Questo corrisponde al mid funnel, engagement, interesse: quanti stanno sviluppando qualche collegamento con noi. Spesso definite vanity metrics perché in sé non indicano che si faccia il passo successivo: sono necessarie ma non sufficienti.

CONVERSION – su quanti otteniamo l’effetto voluto. E l’effetto non è sempre la vendita. Non tutte le campagne sono di vendita, ma tutte le campagne sono un’azione che ha bisogno di una reazione. L’obiettivo può essere l’educazione, la lenta trasformazione di una percezione, il cambiamento di un’abitudine, oppure banalmente il precipitarsi su una promozione che sta per scadere (non è vero che sta per scadere, ma ci caschiamo). La cosa veramente dirompente dei media digitali, che con i media tradizionali era impossibile, è che possiamo misurare immediatamente quante delle persone raggiunte compiono l’azione desiderata: clicca su “scopri di più”, visualizza il video, riempi il form, sottoscrivi la newsletter, etc etc. Ma la domanda rimane quella: quanti alla fine fanno quello che vogliamo che facciano?

Call to action, bottom funnel, funzionalità ecommerce, customer care, blablabla = vuol dire quanti contatti iniziali e successivi collegamenti hanno tagliato il traguardo finale.

L’idea che si sono fatti di noi in tutto questo? Ecco, quella è un po’ più difficile da misurare. Posso solo chiedervi, cari ecommerce ansiosi di sapere se sono rimasta contenta, di non mandarmi la richiesta di una recensione se sono passati 4 giorni e sto ancora aspettando la consegna del prodotto? Siete in ritardo. E siete in anticipo. Non chiedo molto in fondo… che si capisca questo.
Alla prossima : )

 

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