Cosa deve contenere il brief di una “campagna social” intesa come “progetto di conversazione” (parte 1)

Attraverso la collaborazione con i consumatori si possono realizzare in pratica tutti gli obiettivi del ciclo di marketing: la comprensione degli insight, la generazione di nuove idee, la definizione di una strategia di business o di comunicazione e infine la scelta della migliore esecuzione di un piano.
Ma affinché la collaborazione non resti una parola vuota mentre il marketer continua a lavorare secondo le sue logiche tradizionali, occorre cambiare completamente il livello operativo del progetto: da operazione azienda-audience che si sviluppa in verticale, a team di lavoro in orizzontale, intorno allo stesso tavolo.
Prendiamo un progetto di comunicazione social – che di solito viene tradotto come una comunicazione realizzata atraverso i canali social: per me, niente di più sbagliato, a cominciare dalla parola canali (da gestire come palinsesti televisivi..? A giudicare dai piani editoriali di facebook e twitter in molti casi direi proprio di sì). Ma cosa succede se invece di accontentarci di una campagna di comunicazione social vogliamo realizzare una vera conversazione?

briefIl primo documento che deve realizzare questo cambio di prospettiva è proprio il BRIEF del progetto. Altrimenti il marketer continuerà a lavorare secondo il suo metodo consolidato: cosa voglio dire (messaggio unidirezionale), a chi (target della campagna), e come (e già questo sarebbe un lusso). Anche i progetti di – cosiddetto – blog engagement continuano ad essere trattati così: un messaggio preconfezionato, e una audience-target a cui recapitarlo, attraverso pagine facebook, account twitter, o… blog, apppunto.

Ora, non è una novità che, persino nelle gare da budget milionari, il brief sia molto spesso l’anello debole della catena. In altre parole, è difficilissimo trovare qualcuno che scriva un buon brief. E se non parti da un buon brief, anzi ottimo, come puoi fare un ottimo lavoro? Quindi di solito io faccio una cosa molto  semplice: con le informazioni a disposizione, riscrivo completamente il brief secondo il mio formato.
Il mio formato parte dalla strategia di comunicazione per trasformarla in una strategia di conversazione, passando attraverso due cose che nella comunicazione tradizionale di fatto non vengono quasi per nulla prese in considerazione:
1) oltre agli obiettivi del brand, ci sono i veri obiettivi delle persone intese come stakeholder in Rete,
e di conseguenza 2) il perché queste persone dovrebbero parlare proprio con noi.

Cominciamo dalle basi: anche un piano di conversazione, come tutti i piani deve articolarsi in

  1. Obiettivi (cosa si vuole raggiungere)
  2. Strategie (come lo si vuole raggiungere)
  3. Esecuzione (azioni tattiche che servono a realizzare la strategia)
  4. Misure (indicatori di successo o KPI, immediatamente traducibili in azioni e correttivi)

Diciamo che un buon brief dovrebbe dare indicazioni chiare e inequivocabili sui punti 1 e 2, mentre noi saremmo chiamati a riempire i punti 3 e 4. In realtà quasi mai è così già per una campagna di comunicazione classica, figuriamoci per un’iniziativa social, e allora dobbiamo ricostruire tutto il percorso partendo da informazioni sparpagliate. Nel prossimo post, se vi interessa, vi racconto come si fa.

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